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Cos’è il Green Pass, o Certificato Verde e come si richiede: Scopri cos’è il Green Pass, il certificato sanitario che permetterà gli spostamenti in Europa

L’Unione Europea e gli Stati membri sono al lavoro sul Green Pass, un certificato digitale di tipo sanitario con il quale le persone vaccinate contro il Covid-19 possono viaggiare senza restrizioni. Anche l’Italia sta mettendo a punto un pass verde nazionale, in attesa dell’entrata in vigore del nuovo modello UE unificato, come del resto stanno facendo altri Paesi come la Grecia e la Spagna. Ecco tutto quello che bisogna sapere sul Green Pass Covid, per capire come funziona, in che modo richiederlo e qual è la situazione in Europa.

Green Pass: cos’è e come funziona

Il Green Pass o Certificato Verde è un passaporto sanitario legato al SARS-CoV-2, un documento digitale e/o cartaceo con il quale è possibile viaggiare liberamente, sia all’interno dei confini nazionali sia in altri Paesi. Non si tratta di una novità assoluta, infatti nel mondo ci sono diversi Stati che utilizzano da tempo questo sistema, ad esempio per consentire l’ingresso soltanto alle persone vaccinate contro la febbre gialla. Questo strumento, infatti, aiuta nel contenimento delle pandemie, per limitare la diffusione di alcuni virus pericolosi.

All’interno del Green Pass europeo sono contenute una serie di informazioni sanitarie, affinché ogni persona sia in grado di provare le seguenti condizioni:

  • essere stato vaccinato contro il Covid-19;
  • aver ottenuto un risultato negativo dopo il test;
  • essere completamente guariti dopo il contagio dal SARS-CoV-2.

Ognuna di queste tre opzioni viene considerata idonea per viaggiare con il certificato verde senza limitazioni in tutti i Paesi dell’UE, perciò basta mostrare il Green Pass in caso di controlli di sicurezza per spostarsi anche per motivi di turismo. Il Green Pass è un documento gratuito, quindi non bisogna pagare nulla per la sua emissione, può essere in formato digitale e/o cartaceo ed è un certificato sicuro e protetto per garantire la privacy dei cittadini europei. Inoltre, deve essere disponibile sia nella propria lingua nazionale che in inglese, dotato anche di un codice QR per la scansione rapida delle informazioni attraverso appositi lettori o la fotocamera dello smartphone.

Il Green Pass Covid serve soprattutto per sostenere il turismo, un settore che sta attraversando una crisi durissima a causa delle restrizioni agli spostamenti introdotte con la pandemia di Coronavirus da marzo 2020. In questo modo viene consentito di viaggiare alle persone che hanno già avuto il virus e sono guarite, a chi dimostra di non essere positivo con un tampone dall’esito negativo, oppure a un numero in forte crescita di persone vaccinate. D’altronde, il comparto turistico è fondamentale per l’economia di molti Paesi, considerando il giro d’affari totale generato da tutto l’indotto, perciò è indispensabile rilanciare al più presto questo settore.

Il Green Pass in Italia: caratteristiche e quando arriva

In attesa del Certificato Verde digitale europeo, in arrivo entro giugno secondo le indicazioni della Commissione Europea, ogni Paese sta iniziano ad offrire la versione nazionale del passaporto vaccinale, più o meno allineato con il modello UE di riferimento a seconda dei casi. Il Green Pass in Italia sarà ispirato a quello comunitario, tuttavia sarà proposto innanzitutto in formato cartaceo per accelerare il processo, per poi allinearsi al pass digitale europeo non appena sarà pronta la nuova piattaforma UE, i cui test dovrebbero cominciare il 10 maggio.

Il pass verde nazionale è stato previsto con il decreto riaperture, in attesa delle indicazioni ufficiali del Ministero della Salute. Il documento avrà una durata di 6 mesi per chi è guarito dal Covid-19 o è stato vaccinato, terminando l’intero ciclo previsto per il tipo specifico di vaccino, mentre per chi ha effettuato il test rapido o molecolare la validità è di 48 ore dalla data del test. Con il Green Pass italiano è possibile spostarsi sul territorio nazionale, anche nelle zone arancioni e rosse, oppure viaggiare all’estero nei Paesi che riconoscono il pass nazionale.

Al momento è in vigore lo stato d’emergenza fino al 31 luglio 2021, con la possibilità di spostarsi all’interno delle zone gialle e arancioni per motivi di lavoro, di salute, oppure per trovare parenti e amici fino a un massimo di 4 persone, mentre nelle zone rosse non è possibile recarsi presso abitazioni private. Con il pass verde è invece consentita la libera circolazione, oltre ai motivi convenzionali per gli spostamenti in zona rossa e arancione. Tuttavia devono essere seguite le norme previste per la sicurezza sanitaria, tra cui indossare la mascherina e rispettare il distanziamento fisico, anche da parte delle persone in possesso del certificato verde.

Attualmente è in vigore l’obbligo di quarantena per chi rientra in Italia, con la proroga fino al 15 maggio prevista con l’ultima ordinanza firmata dal ministro della Salute Roberto Speranza. Questa misura non sarà rinnovata, quindi da metà maggio non sarà più necessaria la quarantena per gli italiani e i turisti stranieri che entrano nel nostro Paese, purché in possesso di un Green Pass riconosciuto. Al momento dovrebbero essere accettati i certificati vaccinali realizzati sul modello europeo, compresi quelli degli Stati Uniti e di Israele, considerati Paesi sicuri a fronte dello stato avanzato della campagna di vaccinazione.

Green Pass: come richiederlo e quali informazioni contiene

Il pass vaccinale nazionale si può richiedere in diverse modalità a seconda del tipo di certificazione, con procedimenti differenti previsti per il certificato verde per la vaccinazione, la guarigione dal SARS-CoV-2 e il test negativo.

Pass verde per vaccinazione contro il Covid-19

Tutte le persone protette dal Covid-19, ovvero che hanno concluso il ciclo di vaccinazione previsto in base al tipo di vaccino (AstraZeneca, Moderna, Pfizer-BioNTech, Johnson&Johnson), possono richiedere il certificato verde al termine del processo di immunizzazione. Le informazioni sono inserite automaticamente nel fascicolo sanitario elettronico, uno strumento digitale gestito dalle Regioni nel quale sono contenuti tutti i principali dati sanitari di ogni cittadino italiano. Chi lo desidera può richiedere alla struttura sanitaria che ha somministrato il vaccino il rilascio di un apposito documento, un attestato con il quale provare l’immunizzazione.

Nel certificato verde per vaccinazione devono essere riportate una serie di informazioni, tra cui il proprio nome e cognome, la data di nascita, l’indicazione che il trattamento è stato realizzato per il SARS-CoV-2 e i dettagli sul vaccino utilizzato. In particolare, deve essere specificato il tipo di vaccino somministrato, i riferimenti dell’azienda che ha prodotto e immesso il vaccino sul mercato e il numero di dosi da effettuare. Dopodiché, è necessario che il certificato mostri che le dose previste sono state realizzate, la data dell’ultima somministrazione, il Paese in cui è stata fatta la vaccinazione e le informazioni sulla struttura presso la quale è stato effettuato il vaccino.

Pass verde per guarigione dopo contagio da Covid-19

La seconda opzione per ottenere il certificato verde è la guarigione dopo il contagio da Covid-19, infatti secondo le autorità sanitarie una persona viene considerata non a rischio per i sei mesi successi. In questo caso, in assenza di ricovero ospedaliero il Green Pass deve essere richiesto presso il proprio medico di famiglia, oppure dal pediatra per i bambini, altrimenti bisogna rivolgersi alla struttura ospedaliera. Ovviamente è necessario realizzare eventuali test per il SARS-CoV-2 se richiesto, inoltre in caso di esito positivo durante i sei mesi di validità il pass nazionale decade immediatamente.

Il certificato verde per la guarigione dal Covid-19 deve contenere alcune informazioni indispensabili, come il proprio nome e cognome, lo Stato europeo di residenza o quello in cui è stata rilevata la guarigione. Inoltre deve indicare la data in cui è stata individuata la positività al virus, il tipo di test utilizzato e i dati inerenti il successivo esame di controllo con esito negativo. Questo pass deve mostrare tra le informazioni anche qual è la struttura o il professionista sanitario che ha certificato la guarigione del paziente, la validità del certificato e un numero identificativo del Green Pass.

Pass verde per test con esito negativo

La terza soluzione prevista dalle norme è la richiesta di un Green Pass in caso di esito negativo dopo un test molecolare o antigenico rapido, mentre non sono ammessi per il momento i test sierologici. Questa modalità ha una durata limitata di appena 48 ore, infatti viene utilizzata, per gli spostamenti nazionali e internazionali laddove consentiti, dalle persone che non sono state contagiate dal SARS-CoV-2 e non hanno ancora ricevuto il vaccino. Il rilascio avviene da parte della struttura che effettua il test, con la possibilità di rivolgersi sia a quelle pubbliche sia a quelle private, comprese le farmacie, i pediatri e i medici di famiglia.

Anche nel pass per test anti-Covid-19 negativo devono essere presenti delle informazioni specifiche, tra cui i propri dati anagrafici, l’indicazione che l’esame è stato effettuato per il SARS-CoV-2, il tipo di test realizzato e l’azienda che lo ha prodotto. Inoltre devono essere riportati i dati della struttura presso la quale è stato realizzato il test e dell’impresa che ha elaborato i risultati, con la data e l’ora in cui sono avvenute queste operazioni. Per viaggiare all’estero, laddove permesso, è indispensabile che questo certificato sia rilasciato in inglese, altrimenti alcuni Paesi consentono di fare il test in loco ma è necessario osservare un periodo di quarantena in attesa del risultato.

Allerta Polizia Postale su falsa nota Aifa e sms vaccini

"Non condividere notizie ricevute da messaggistica istantanea"

Allerta della Polizia Postale sulla circolazione in rete di un falso comunicato Aifa nel quale viene fatto divieto di utilizzo di diversi lotti di vaccino AstraZeneca e anche su falsi sms con i quali si pubblicizza un servizio di prenotazione del vaccino contro il Covid-19. "Si raccomanda, sempre, di non condividere notizie ricevute attraverso la messaggistica istantanea di cui non si abbia certezza della provenienza ma di segnalarle al commissariato di ps online della Polizia Postale e delle Comunicazioni", scrive sul suo sito ricordando che l'Agenzia italiana del farmaco ha già smentito la notizia.

"L'Agenzia Italiana del Farmaco, ha smentito la notizia ribadendo che l'unico lotto di vaccino AstraZeneca oggetto del divieto d'uso sul territorio nazionale è il numero ABV2856.

Si ricorda che le uniche informazioni e comunicazioni attendibili, riguardanti la campagna vaccinale in atto contro il Covid19, sono quelle reperibili sul sito ufficiale dell'Agenzia Italiana del Farmaco", scrive la Polizia Postale.

Riguardo la campagna fraudolenta con messaggi che pubblicizzano un servizio di prenotazione dei vaccini contro il Covid-19, la Polizia Postale spiega che "incorporano un link sul quale si chiede di cliccare o contattare il numero 1240 per prenotare la vaccinazione o ricevere informazioni in merito, la campagna fraudolenta "è rivolta in particolare a soggetti ultra ottantenni". La Polizia postale invita a diffidare da questi messaggi e a segnalarli al link www.commissariatodips.it.

Attenzione a false PEC Inps: sono virus informatici

L'Inps lancia l'allarme su un tentativo di truffa attraverso falsi indirizzi Pec. Secondo Kaspersky, attacchi informatici aumentati del 60% nell'anno.

Un nuovo tentativo di truffa imperversa in rete grazie alla diffusione di false mail Inps inviate attraverso la Posta elettronica certificata (PEC). L’allarme è stato lanciato dallo stesso Istituto che ha pubblicato sul proprio sito un avviso agli utenti affinché facciano attenzione alle mail che ricevono, in quanto potrebbero essere dei tranelli tesi da hacker informatici per infettare i dispositivi (computer, smartphone, ecc.) dei malcapitati con malware ideati per impossessarsi dei dati personali delle vittime meno attente.

Allarme Inps: tentativi di truffa tramite posta certificata

L’avviso, comparso lo scorso 23 luglio sul sito Inps, informa i cittadini che si sono verificati nuovi tentativi di impossessarsi dei dati degli utenti attraverso l’invio di email con contenuti apparentemente attribuibili all'Istituto. I pirati informatici, infatti, non sono nuovi all'utilizzo di false credenziali Inps per trarre in inganno gli utenti ed estorcere informazioni con le quali portano a termine le loro truffe.

L'istituto fa sapere di avere ricevuto numerose segnalazioni di una email, inviata da indirizzi PEC non riconducibili all'Istituto, che avvisa il destinatario di presunte irregolarità nel versamento di contributi, invitandolo poi a cliccare su un link per essere informati sul dettaglio della contestazione e sugli importi dovuti. Il link in questione, però, non riconduce a nessun indirizzo Inps ma è molto probabile che, cliccando sullo stesso, rimandi ad un sito pirata dal quale verrebbe installato un software maligno (malware) attraverso il quale i pirati potrebbero accedere ai conti del malcapitato per svuotarli.

L’Inps conclude l’avviso ricordando che l’unico link attraverso il quale è possibile ottenere informazioni è quello del portale istituzionale: inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx, sul quale è anche possibile consultare l’elenco degli indirizzi Pec utilizzati dall'Istituto per inviare informazioni ai cittadini.

Virus malware: secondo Kaspersky, attacchi informatici cresciuti del 60% nel 2019

Quello delle truffe informatiche sembra essere diventato il principale pericolo dal quale difendersi nell'era della connessione globale.

L'iper-attività dei pirati informatici è testimoniata anche da una recente indagine compiuta da Kaspersky, una delle principali aziende di sicurezza informatica a livello globale, nella quale si evidenzia che, nel corso del 2019, le vittime di malware progettati per rubare le password degli utenti sono aumentate in modo significativo, passando dai 600.000 di primi sei mesi del 2018 agli oltre 940.000 nello stesso periodo del 2019.

Una crescita del 60% fatta registrare soprattutto in Europa e in Asia.

IL TUO COMPUTER E’ STATO BLOCCATO: CHIAMA PER RICEVERE SUPPORTO. IN ATTO UNA NUOVA ONDATA DI TRUFFE

E’ in atto una nuova ondata di truffe ai danni di cittadini che, navigando su siti del tutto normali, si trovano improvvisamente davanti ad un messaggio allarmante e, all'apparenza, proveniente da Microsoft:

Security warning: Il tuo computer è stato bloccato. Errore #DW6VB36. Per favore chiamaci immediatamente al numero +39 0694804XXX. Non ignorare questo avviso critico.
Se chiudi questa pagina, l’accesso del tuo computer sarà disattivato per impedire ulteriori danni alla nostra rete. Il tuo computer ci ha avvisato di essere stato infestato con virus e spyware. Sono state rubate le seguenti informazioni: Accesso Facebook, Dettagli carta di credito, Accesso account e-mail, Foto conservate su questo computer.
Devi contattarci immediatamente in modo che i nostri ingegneri possano illustrarti il processo di rimozione per via telefonica. Per favore chiamaci entro i prossimi 5 minuti per impedire che il tuo computer venga disattivato. Chiama per ricevere supporto: +390694804XXX.”

Falsi avvisi di questo tipo sono apparsi anche in passato e sotto altre forme.
E’ importante sottolineare che a fronte della visualizzazione del messaggio non vi è alcun furto di dati personali né infezione da virus. Chiudendo la navigazione, infatti, il computer continua a funzionare normalmente.
Chiamando, invece, il numero indicato e seguendo le istruzioni telefoniche del presunto operatore, il computer viene messo disposizione del truffatore tramite assistenza remota consentendogli, in questo modo, di installare programmi illeciti e virus.
Il costo dell’intervento per il finto “sblocco” ammonta intorno ad un centinaio di euro.

La Polizia Postale e delle Comunicazioni raccomanda di ignorare avvisi di questo tipo anche quando esercitano una forte pressione psicologica. Se avvisi di questo tipo si ripetono costantemente, è opportuno effettuare una scansione con un antivirus aggiornato per rimuovere un eventuale malware pubblicitario (adware).
Infine, è sempre necessario installare un antivirus ed aggiornarlo costantemente su tutti i dispositivi.
E’ bene ricordare che quando la rete presenta una situazione inaspettata, è sempre necessario documentarsi prima di prendere ogni decisione, anche avvalendosi dei canali ufficiali della Polizia di Stato.

Windows7: un anno di tempo per cambiare

Dal 14 gennaio 2020 il sistema operativo Microsoft non sarà più supportato. Le soluzioni possibili, dal cambio di pc all'open source

L'ULTIMA patch di Windows 7, l'aggiornamento KB4493132, è in realtà un promemoria: avverte che dal 14 gennaio 2020, il sistema operativo Microsoft non sarà più supportato. Niente aggiornamenti di sicurezza, per capirsi, niente miglioramenti delle varie feature contenute in Win7.

 

"Dopo dieci anni di servizio, il 14 gennaio 2020 sarà l'ultimo giorno in cui Microsoft offrirà gli aggiornamenti di sicurezza per i computer con Windows 7 SP1. Questo update abilita i promemoria in merito al termine del supporto", si legge sulla pagina ufficiale della software house di Redmond.

 

Ma a chi è rivolta? Innanzitutto, chiariamo che riguarda gli utenti consumer, perché le aziende potranno avere supporto mediante il programma Extended Security Updates, fino al 2023, ma ad un prezzo elevato: costerà sempre di più, proprio per invogliare le aziende a investire nel nuovo sistema operativo, Windows 10.

 

A tutt'oggi, Windows 7 è presente sul 33,89% (fonte StatCounter) dei pc Windows in circolazione a livello globale. Per fare un paragone, Windows 10 invece è già presente sul 54,80% dei computer.  In Italia, Windows 7 è ancora presente sul 33% dei pc.

Se per le aziende c'è più tempo per passare ad un nuovo sistema operativo, per l'utente privato, invece ci sono ancora pochi mesi. Che fare quindi, tenendo conto che molti di coloro che usano ancora Windows 7 hanno computer (soprattutto i portatili) "datati" e che potrebbero non essere in grado, per le caratteristiche hardware, di sostenere Windows 10.

 

La soluzione più semplice, immediata e sicura, in particolare per chi ha un laptop, e vuole continuare ad avere un sistema operativo Microsoft è quella di acquistare un nuovo computer. Per i desktop c'è anche la possibilità di aggiornare, in qualche modo, l'hardware (quando è possibile), per garantire che funzionino sotto Windows 10. Ma entrambe le soluzioni hanno un costo, spesso non indifferente. Se si sceglie di passare ad un nuovo computer, forse vale la pena di aspettare ancora qualche mese, quando, a ridosso della scadenza di chiusura di Windows 7, probabilmente i produttori faranno offerte convenienti per acquistare un pc più recente e in grado di supportare Windows 10.

Per chi invece non se la sente o non può acquistare un nuovo computer, le strade sono soltanto due. La prima, un po' complessa per chi non ha una certa dimestichezza con l'implementazione di driver e con la gestione a livello software del computer, è quella di installare al posto di Windows 7 un sistema operativo open source come Linux. Attenzione, però, in questo caso bisogna partire da zero, salvando su supporti esterni tutti i dati, scaricando (ma soltanto nelle distribuzioni più spartane) i driver specifici per scheda madre, scheda grafica, porte Usb, connettività wi-fi e Blutooth, nonché - per chi ce l'ha - scheda Sim, oltre a recuperare on line programmi "equivalenti" (ma spesso gratuiti) al software targato Redmond. Bisogna tener presente che è necessario formattare l'hard disk interno, partizionarlo a seconda delle esigenze e poi andare a installare il nuovo sistema operativo 'free'. Un lavoro sicuramente complicato e che richiede molto tempo, pazienza e una certa disponibilità ad adattarsi ad altre interfacce utente, ad altre modalità d'uso degli applicativi.

 

La seconda soluzione, anche questa non sempre indolore (in termini di tempo e di 'lavoro') è quella di installare (o se possibile aggiornare) un sistema operativo successivo a Windows 7. Prima di far questo, però, è opportuno verificare sempre la compatibilità del proprio hardware, verificando che ci siano i driver specifici. Un'attenta lettura dei forum Microsoft e di quelli dei produttori di pc è senz'altro utile, anzi indispensabile.

Il sistema operativo Microsoft più facilmente compatibile con l'hardware su cui gira ora Windows 7 è Win 8.1 (nelle versioni base - ma abbastanza sconsigliata per un'interfaccia non proprio intuitiva - e nella versione "Pro", più simile a Windows 10). Diciamo subito, per chiarezza, che Win 8.1 ha anch'esso una data di scadenza, al pari di Win7, ma è al 10 gennaio del 2023. Windows 10 dovrebbe invece uscire di scena nel 2027.

 

Non aspettatevi però che installare un sistema operativo Microsoft più recente sia del tutto facile, anzi. Verificata la compatibilità hardware, bisogna acquistare il sistema operativo. E qui, c'è già il primo intoppo: Microsoft non lo vende più (parliamo di Win 8.1) e bisogna ricorrere a venditori di terze parti, che, normalmente, offrono il sistema operativo in configurazione OEM. Che vuol dire? Che, bene che vi vada, va installato da zero su un computer, difficilmente è possibile fare un aggiornamento mantenendo i dati e i programmi applicativi. Quindi, anche in questo caso bisogna munirsi di pazienza, salvare tutti i dati, avere le licenze originali del software installato sul pc e partire dall'inizio. Il vantaggio è che Win 8.1 normalmente ha già i driver per la maggior parte dei device installati sul computer e che, comunque, durante l'installazione del sistema operativo, provvede a cercare sul web gli aggiornamenti.

 

I costi di un sistema operativo come WIndows 8.1 sono certamente più contenuti che acquistare un nuovo computer: dai 50 (Pc consumer) ai 260 euro per le versioni 'workstation'.

Il suggerimento finale che possiamo dare, comunque, è questo: rivolgersi sempre ad un centro assistenza, affidando a loro - certo, tutto ha un prezzo - anche il recupero dei dati e dei programmi regolarmente installati sul pc. E' anche l'occasione per vedere se è possibile effettuare qualche upgrade non costosissimo dell'hardware, come passare da un hard disk tradizionale ad un SSD (Solid State memory), o a incrementare la memoria Ram (che - se l'incremento è possibile - fa sempre bene in un computer). Il vostro Pc ne guadagnerà in velocità e anche in durata (in particolare degli hard disk), dei device installati.

 

Un'ultima considerazione, non meno importante: 'ripartire da zerò con il proprio computer, al netto della complessità dell'operazione, non può che far bene in termini di performance del pc stesso.

Chrome avviserà gli utenti se un sito è un 'fake: Il browser di Google adotterà una funzione contro il ‘typosquatting’ per indicare quando si è vittime di un reindirizzamento

CHROME avvertirà gli utenti se stanno usando un indirizzo web sbagliato. Il popolare programma per la navigazione sul web di Google presto inserirà, infatti, una nuova funzione: consente di combattere il 'typosquatting', la digitazione sbagliata di alcuni indirizzi, su cui spesso siti malevoli fanno affidamento per indirizzare gli utenti su altre piattaforme. Se durante la digitazione di un sito il browser individuerà un errore allora comparirà una barra che suggerirà la forma corretta.

Questa funzione è stata scovata in Chrome Canary 70, ovvero la versione del programma per gli sviluppatori e sfrutta il punteggio di 'site engagements, quindi i siti di nicchia e con meno traffico potrebbero essere esclusi. Il suo rilascio al grande pubblico al momento non è stato annunciato.

Non solo smartphone, alla cassa si paga con il braccialetto

Unipol Banca, Visa e Nexi lanciano Letspay, un dispositivo indossabile per i pagamenti

Non solo smartphone, ora per pagare si potrà utilizzare un braccialetto. Ricalcando una traiettoria che hanno percorso i device mobili, anche i sistemi di pagamento si adeguano all'evoluzione degli stili di consumo e delle tecnologie. Unipol Banca, Visa e Nexi hanno infatti lanciato Letspay, un braccialetto che utilizza un chip e una carta virtale collegata a una carta di debito Visa per poter pagare direttamente alla cassa.

Come? Al momento del pagamento, l'importo viene digitato sulla tastiera del Pos del negoziante. Si avvicina il braccialetto al lettore contactless, e dei segnali acustici e luminosi indicheranno che l'operazione è stata eseguita. Sotto i 25 euro di spesa non serve digitare il Pin, come per le carte contactless, e la ricevuta viene emessa solo su esplicita richiesta. Sopra quell'importo, sarà invece necessario comporre il numero segreto e verrà automaticamente emesso lo scontrino.

"I clienti Unipol potranno acquistare un braccialetto wearable LETSPAY in una delle 263 filiali Unipol Banca", spiega il gruppo in una nota. Unipol anche i numeri che certificano come le finanze e i portafogli degli italiani si stiano sempre più spostando verso i dispositivi mobili, usati dal 74% degli italiani (secondo uno studio Visa sui digital payment) per tenere traccia delle proprie entrate e uscite finanziarie e per effettuare pagamenti quotidiani quali pedaggi, parcheggi, bollette e altri pagamenti di tutti i giorni.

Davide Steffanini, General Manager di Visa in Italia, ha sottolineato nella nota di lancio del prodotto l'importanza di "garantire che i consumatori abbiano accesso a pagamenti digitali sicuri e protetti, ovunque si trovano e su qualunque dispositivo utilizzino". Stefano Rossetti, Direttore Generale di Unipol Banca, ha aggiunto: "È una grande soddisfazione per noi poter affermare che Unipol Banca è la prima banca in Italia che, grazie alla collaborazione con Nexi e Visa, è in grado di offrire ai propri clienti un servizio di pagamento wearable realmente innovativo: un semplice braccialetto che, consentendo di pagare in modalità contactless, renderà più comodi e rapidi alcuni gesti quotidiani; un concreto passo avanti verso il pagamento digitale anche per i piccoli importi, quelli per i quali si è solitamente abituati ad utilizzare il contante". Ha commentato infine Marco Ferrero, Direttore Commerciale di Nexi: "Letspay è un ulteriore passo nella diffusione dei pagamenti digitali in Italia, obiettivo che come PayTech vogliamo raggiungere insieme alle nostre banche partner"..

Google, ora il browser Chrome blocca le pubblicità “intrusive”

Mountain View ha spiegato il cambiamento come uno sforzo collettivo del settore per liberare internet da spam e pop-up rendendo invece altre tipologie di pubblicità più attraenti per gli utenti. Aziende di ad-blocker sul piede di guerra

NEW YORK - A partire da domani 15 febbraio, il browser Chrome di Google - usato da oltre il 59% degli internauti - bloccherà automaticamente alcuni tipi di pubblicità online con l'obiettivo (dice la controllata di Alphabet) di rendere la navigazione in rete più semplice. Non solo: sui siti che non rispettano le regole definite dalle associazioni di pubblicità, Chrome bloccherà tutta la pubblicità, anche quella di Google. Il gigante di Mountain View ha descritto il cambiamento come uno sforzo collettivo del settore per liberare internet da spam e pop-up rendendo invece altre tipologie di pubblicità più attraenti per gli utenti. Nonostante i buoni propositi, sono in molti a contestare a Google le modalità con cui ha definito gli standard per selezionare le pubblicità da salvare da quelle da scartare. Come riferito dal Wall Street Journal, alcuni sostengono che l'azienda stia semplicemente cercando di salvaguardare i propri interessi convincendo gli inserzionisti a preferire la galassia Google perché meno propensa all'utilizzo di ad blocker. Per Google, la pubblicità è la maggiore fonte di ricavi e lo scorso anno ha generato circa 95 miliardi. Ogni 10 dollari spesi per annunci sul web, 3 vanno al colosso internet.

Sul caso si è espresso anche Gary Reback, un avvocato della Silicon Valley specializzato in antitrust che sul finire degli anni '90 convinse il Dipartimento di giustizia americano a lanciare una causa contro Microsoft (accusato di essere un monopolio e di compiere pratiche anticompetitive in favore del suo sistema operativo e del suo browser). Reback rappresenta una società specializzata negli ad-blocker e che già si è lamentata con le autorità Antitrust europee per il comportamento di Google. Secondo l'avvocato "Google sta utilizzando la sua forte posizione nel mercato dei browser per impedire agli utenti di usare app di parti terze che bloccano le pubblicità che Google vuole per generare profitti". Google dal canto suo ha rispedito l'accusa al mittente negando di avere avuto una pesante influenza e precisando di essere parte di "coalition for better ads", gruppo di inserzionisti, editori e gruppi tech che ha stabilito quali sono le pubblicità più fastidiose per gli utenti e che fanno decidere a questi ultimi di adottare un ad blocker. Una portavoce di Google ha fatto sapere che la società "resta impegnata nel tentativo di migliorare l'esperienza online legata alla pubblicità, lavorando in collaborazione con l'industria pubblicitaria" attraverso la coalizione annunciata alla stampa nel settembre 2016. Stando alle fonti del Wsj, Google è stato il gruppo più influente a determinare le regole del gioco e a capitanare la ricerca per capire quale tipo di pubblicità è considerata fastidiosa dalle persone.

L’ultima patch di sicurezza Windows non fa più avviare i computer AMD: Microsoft sospende gli aggiornamenti: L’aggiornamento di sicurezza per le falle Meltdown e Spectre ha causato altri problemi: l’imbarazzo del colosso di Redmond

Microsoft ha sospeso la distribuzione degli aggiornamenti di sicurezza per le falle Meltdown e Spectre per i processori AMD, dopo la moltitudine di segnalazioni di computer che non si avviavano più in seguito alla patch rilasciata. I forum di supporto Microsoft sono stati presi d’assalto dai reclami dei clienti, e l’azienda, oggi, attraverso una nota sul proprio sito web , ha riconosciuto il problema e comunicato la decisione. 

«Microsoft ha visionato le segnalazioni dei clienti in possesso di dispositivi AMD, che non si avviano più dopo aver installato i recenti aggiornamenti di sicurezza del sistema operativo Windows», affermano da Redmond. «Dopo le dovute verifiche, Microsoft ha determinato che alcuni chipset AMD non sono conformi alla documentazione fornita in precedenza per sviluppare le corrette attenuazioni del sistema operativo Windows per la protezione dalle vulnerabilità del processore, note come Spectre e Meltdown». 

Microsoft ha quindi deciso di impedisce ai computer con processori AMD di ricevere gli aggiornamenti, per evitare che le macchine possano diventare inutilizzabili. Microsoft sta lavorando con AMD per risolvere i problemi, e tornerà a rilasciare gli aggiornamenti per i computer AMD a breve: i clienti, già colpiti dal problema, possono visitare il portale di supporto di Microsoft per poter avviare nuovamente i propri dispositivi

La società americana ha raccolto delle risorse per aiutare gli utenti che hanno visto i loro pc bloccati in seguito all’aggiornamento AMD:  

Microsoft e AMD sembrano in affanno, e questo ennesimo problema ha creato ulteriore imbarazzo per il colosso di Redmond. AMD, dal canto suo, afferma di essere “a conoscenza di una problematica con alcuni processori di vecchia generazioni a seguito dell’installazione di un aggiornamento di sicurezza Microsoft pubblicato nel weekend”. “AMD e Microsoft - si legge in una nota dell’azienda - stanno già lavorando a un nuovo update che risolva il problema e prevedono di distribuirlo a breve agli utenti coinvolti in questa problematica”. 

Wi-Fi: scoperta una falla mondiale: pericolo hacker, ecco come proteggersi

La vulnerabilità nell'algoritmo di crittografia del protocollo Wpa2

I dati di milioni di persone a rischio a causa di falle di sicurezza che interessano le connessioni Wi-fi. Nel Wpa2, cioè uno degli algoritmi di crittografia del Wi-Fi, sono state trovate vulnerabilità che possono essere usate da cybercriminali per "rubare informazioni sensibili come carte di credito, password, chat, email", spiega l'università belga KU Leuven che ha scoperto le falle, al momento non sfruttate, grazie al lavoro del ricercatore Mathy Vanhoef.

Il problema si chiama KRACK (sta per "Key Reinstallation Attacks") e non riguarda prodotti specifici, ma lo standard stesso del Wi-Fi. Ciò significa che qualsiasi Pc, smartphone e router è a rischio. "L'attacco funziona contro tutte le reti moderne Wi-Fi protette", spiegano i ricercatori. Il consiglio è di installare sui dispositivi wireless gli ultimi aggiornamenti resi disponibili dalle aziende che, informate nelle scorse settimane, stanno correggendo le vulnerabilità. Il problema esiste su tutti i network Wpa2, ma chiaramente l'ambiente domestico è meno esposto di quello pubblico. Per cui serve per il momento particolare attenzione agli hotspot Wifi di locali, stazioni, aeroporti, eccetera. E ricordarsi che i malintenzionati devono essere nella portata della vostra stessa rete wifi, cosa che per la loro vastità rende appunto gli hotspot pubblici obbiettivi molto più sensibili.

Nel dettaglio, le falle del protocollo di sicurezza Wpa2 riguardano il processo "Four way handshake", (letteralmente "stretta di mano a quattro vie"), tramite cui il dispositivo e l'access point si scambiano le 'chiavi' crittografiche. In questo processo, per le falle, potrebbero inserirsi cybercriminali per monitorare il traffico dati ma anche inserire e manipolare i dati, ad esempio aggiungendo malware a siti web.

Come proteggersi

Naturalmente appena possibile, occorre aggiornare i propri dispositividesktop e mobile e il router di casa. I produttori stanno progressivamente rilasciando aggiornamenti di sicurezza. Una buona idea è lasciare che i dispositivi si auto-aggiornino, tutti i moderni OS hanno questa possibilità. Possono però esserci problemi con vecchie versioni di Android che non ricevono più aggiornamenti. Attenzione ai dispositivi che possono essere utilizzati da altre persone non a conoscenza del problema.

Se è possibile, in mobilità usare la connessione 3G/4G per i dispositivi mobili finché non si ha la certezza di essere protetti da un aggiornamento, Negli hotel e nei posti pubblici usare la connessione ethernet, ovvero quella cablata. Un modo sempre meno diffuso ma di certo il più sicuro per stare in rete senza paura. Per quello che riguarda i dispositivi connessi di casa, soprattutto videocamere,  assicurarsi che il traffico dati sia criptato, soprattutto nel caso delle telecamere.

Altrimenti disabilitarle fino a quando sarò disponibile un aggiornamento. Gli attacchi possibili con KRACK non sono comunque in grado di estrarre informazioni utili da dispositivi come termostati e lampadine smart, quindi in questo caso il problema non si pone.